In alcune situazioni può essere opportuno effettuare una variazione di potenza del contatore.
Può succedere che nella propria abitazione il contatore “scatti” lasciandoci brevemente senza corrente. O al contrario, si abbiano dei consumi energetici bassi (pochi elettrodomestici energivori oppure nel caso di una seconda casa) che richiedano meno potenza disponibile rispetto al contratto.
1.Aumentare o diminuire la potenza
Ogni contatore ha una sua potenza impegnata in franchigia: per quanto riguarda gli utenti domestici, questa, di solito, è di 3 o 6 kW (a cui si aggiunge una tolleranza del 10%). La potenza viene espressa in kW che vengono assorbiti dalla rete e impiegata negli usi quotidiani.
Come si può valutare se è opportuno effettuare una variazione di potenza?
Quando le apparecchiature assorbono più della potenza garantita, il contatore scatta e si interrompe in via temporanea la fornitura. Se avviene troppo spesso, occorre considerare un aumento di potenza.
Viceversa, se ci accorgiamo di non utilizzare a pieno tale potenza, si può valutare una riduzione, che può portare ad un risparmio in bolletta a livello annuo (l’Autorità dell’Energia calcola 23/24 euro all’anno per ogni kW in meno su un’utenza domestica con massimo 6 kW).
Per conoscere il livello di potenza massima impegnata, è sufficiente leggere la propria bolletta: ogni mese, il fornitore riporta il dato suddiviso in fasce orarie (se si ha un contratto biorario o multiorario) e almeno una volta all’anno, il report completo.
2. Quanto costa
L’autorità ha previsto delle interessanti agevolazioni fino al 31 Marzo 2019 per tutti gli utenti domestici che intendono aumentare il livello della potenza impegnata.
Per i clienti del mercato di tutela viene eliminato il contributo fisso amministrativo, dovuto al distributore, di circa 27 euro e viene scontato del 20% il costo per aggiungere 1 kW in più (il nuovo importo è di 55 euro, se non si supera il livello di 6kW). Rimane invariato invece il contributo spettante al venditore.
A tutto questo, si aggiunge una sorta di diritto di ripensamento, ovvero il cliente non è tenuto a pagare la quota variabile se la richiesta per l’aumento di potenza avviene subito dopo una diminuzione.
Per i clienti nel mercato libero, invece, le agevolazioni si limitano all’esenzione dal pagamento del contributo fisso al distributore, mentre la parte variabile euro/kW dipende da quanto stabilito dalla compagnia.
Quando si opta per una riduzione di potenza, invece, l’utente dovrà sostenere solo i 23 euro spettanti alla compagnia di vendita se si è in tutela. Mentre nel mercato libero bisogna fare sempre riferimento al proprio contratto, perché ogni fornitore applica una sua tariffa.
3. Come richiedere la variazione di potenza
Anche se il contatore è di proprietà del distributore locale, il cliente deve inoltrare la propria richiesta contattando il suo fornitore (il numero del servizio clienti è sempre indicato in bolletta).
Quest’ultimo comunica le intenzioni dell’utente finale al distributore, il quale procederà a eseguire la richiesta. Il cliente può variare il livello della potenza del contatore in scaglioni di 0,5 kW per variazioni fino a 6kW; nella fascia 6-10 kW sono previsti scaglioni di 1 kW; e per valori superiori lo scatto è di 5kW.
4. Quanto tempo occorre
Dal momento della richiesta, il fornitore ha tempo due giorni lavorativi per inoltrare la richiesta al distributore, il quale ha 5 giorni lavorativi per effettuare interventi (se sono solo sul contatore). Se invece sono necessari dei lavori, il cliente riceverà, tramite il venditore, un preventivo messo a sua disposizione entro 15 giorni lavorativi.
Leggere bene la bolletta ci consente non solo di tenere sotto controllo i costi e i consumi, ma anche di verificare se stiamo effettivamente impiegando tutta la potenza del nostro contatore. Monitorare questo dato ci aiuta a valutare se è opportuno variare (ed eventualmente risparmiare) o mantenere la propria potenza impegnata.